Crescono del doppio le richieste di mutui a tasso fisso. A dirlo è l’ultima ricerca in materia da parte di Assofin, secondo cui la quota di nuovi finanziamenti a tasso costante sul totale sarebbe passata in un anno dal 15% al 30%, a discapito delle forme di indebitamento a condizioni di onerosità totalmente indicizzata, e a lieve contenimento della crescita delle richieste di finanziamenti a tasso variabile e cap.
La motivazione che sta alla base di questo mutato comportamento degli italiani (la ricerca Assofin si riferisce al primo quadrimestre dell’anno in corso) è piuttosto agevole da ricondurre: gli italiani temono in un’impennata – tra l’altro, presumibile – dei tassi di interesse di mercato, e reduci da recenti delusioni nel comparto, hanno preferito abbracciare maggiormente la “certezza” del tasso di interesse fisso.
Cresce, come già preannunciato, la quota di mutui a tasso di interesse variabile cap, quei finanziamenti che, in altri termini, consentono al mutuatario di poter prevedere un tetto massimo nell’apprezzamento degli stessi tassi, limitando in tal modo il pericolo di vedere l’importo delle rate del proprio piano di ammortamento salire oltre soglie non desiderate o, per lo meno, non previste fin dal momento della stipula.
Per quanto concerne la durata, Assofin ci dice che la preponderante parte dei mutui – quasi quattro su dieci – viene contratto con una durata superiore a 26 anni, figlia della necessità – da parte dei mutuatari italiani – di dover spalmare sul più ampio raggio possibile il debito stipulato. Resiste bene, comunque, la quota di mutui tra i 21 e i 25 anni (il 23% del totale) e quella per scadenze tra i 16 e i 20 anni (il 21% del totale).
Infine, sul fronte degli importi richiesti, la fascia più gettonata è quella tra i 100 e i 200 mila euro, con una quota che è leggermente superiore al rapporto di uno su due.