I tassi di interesse applicati sui mutui a tasso fisso statunitensi per una durata pari a 30 anni sono calati ai minimi livelli storici. Il tasso medio applicato per un’operazione a trent’anni, infatti, è calato a quota 3,91 punti percentuali nella settimana terminata il 22 dicembre, per il più basso livello dal 1971 ad oggi, e in flessione rispetto ai 3,94 punti percentuali rilevati appena una settimana fa dalla società Freddie Mac, che da quarant’anni effettua questo periodico aggiornamento di uno dei parametri maggiormente caratterizzanti.
In calo anche i tassi di interesse applicati ai mutui a tasso fisso con scadenza inferiore: quelli a 15 anni si sono contratti a quota 3,21 punti percentuali, replicando un livello minimo nella storia. Il mercato immobiliare – posto sotto pressione da un andamento dei pignoramenti troppo elevato, e da politiche creditizie troppo timide – non sembra tuttavia essere in grado di approfittare in pieno del benefit generato da questo straordinariamente basso livello nelle soglie di onerosità per le operazioni di mutuo.
Ad ogni modo, i primi segnali di ripresa nel real estate a stelle e strisce stanno lentamente sorgendo. Gli acquisti di case non nuove (cioè le operazioni di compravendita avvenute nel c.d. mercato secondario) sono cresciuti ai massimi livelli da 10 mesi a questa parte, con il livello di case invendute che è invece crollato ai minimi degli ultimi sei anni, come confermato da un recentissimo report a firma della National Association of Realtors.
Il calo dei prezzi delle case potrebbe inoltre guidare l’ulteriore consolidamento del trend degli acquisti di case usate, che dovrebbero oltretutto trarre giovamento dai già noti livelli dei tassi di interesse. La vera sfida è tuttavia rappresentata dall’andamento del mercato occupazionale americano: se il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere ancora – e, di contro, aumentare il numero dei posti di lavoro – è probabile che si possa finalmente porre un punto di partenza per una nuova era dell’immobiliare locale.