Come periodicamente accade nelle sue pagine, anche qualche giorno fa l’autorevole settimanale The Economisth a avuto modo di pubblicare il suo bollettino di monitoraggio sull’andamento del mercato immobiliare mondiale, concentrandosi prevalentemente sui principali mercati internazionali. Ebbene, il quadro complessivo è piuttosto desolante, sebbene non manchino i margini per poter rilevare alcune interessanti opportunità di guadagno, in Europa e all’esterno dei confini del vecchio Continente.
Il settimanale ha infatti rilevato che rispetto a un anno fa in dodici dei ventuno Paesi oggetto di stretto monitoraggio si sarebbe registrato un andamento negativo delle quotazioni immobiliari. Osservando il bicchiere mezzo pieno, si potrebbe tuttavia rilevare che, su base annua, i prezzi delle case hanno tenuto l’impatto della crisi, con un andamento stabile o positivo. Su tutti, chi ha segnato una contrazione dei prezzi record è stato il mercato immobiliare irlandese, dove i prezzi delle case sono stati praticamente dimezzati rispetto al 2008, con un calo su base annua del 15% (qui investimenti immobiliari in perdita).
Male anche la Spagna, con valori medi in calo del 23 per cento, e possibilità di crollo per un ulteriore 22 per cento (secondo le previsioni formulate dagli economisti del settimanale): nella penisola iberica a pesare sono soprattutto i dati macroeconomici, con un quarto della forza lavoro che è ancora disoccupata. Va certamente meglio in Italia, anche se non è certamente tempo di gioire di fronte a un contenimento del calo dei prezzi delle case che ha assunto proporzioni meno preoccupanti rispetto ai vicini irlandesi, spagnoli (fisco immobiliare più severo in Spagna) e greci.
D’altro canto, migliore è la prestazione sui mercati asiatici, con Hong Kong che porta i prezzi delle case in crescita del 6 per cento (e uno straordinario + 64% dal 2007), mentre la Cina registra il quinto calo consecutivo dei prezzi mensili (merito anche delle iniziative governative finalizzate a evitare l’emersione di una bolla immobiliare ancor più vasta). In Europa tiene meglio l’Austria e la Germania, mentre la Svizzera può festeggiare lo sgonfiamento dei timori e dei rischi della ricordata bolla di settore.