Secondo quanto emerge dall’edizione 2012 del volume “Gli immobili in Italia”, realizzato dal Dipartimento delle Finanze e dall’Agenzia del Territorio, nel nostro Paese il prelievo fiscale sugli immobili avrebbe generato un gettito per più di 41 miliardi di euro. In particolare, afferma la ricerca, nel corso dell’ultimo triennio il prelievo sugli immobili sarebbe cresciuto di circa 9 miliardi di euro, in gran parte riconducibili all’introduzione dell’imposta municipale unica.
Sulla base dei dati sopra espressi, nel nostro Paese il prelievo patrimoniale si aggira intorno all’1,7 per cento del Pil, ponendosi a metà di una classifica europea che vede in cima il Regno Unito – dove la tassazione è pari al 4,3 per cento del prodotto interno lordo – e nei posti più bassi l’Estonia, dove la pressione fiscale è pari allo 0,4 per cento del Pil (vedi anche Tasse affitto casa).
In maniera più specifica, precisa l’analisi, nel corso del 2010 tra i contribuenti che hanno presentato una dichiarazione dei redditi (41,5 milioni di unità), il 59 per cento risultava proprietario di immobili o di quote di essi, con un aumento di 300 mila soggetti proprietari rispetto al 2009. Il numero di contribuenti proprietari di immobili ad uso abitativo si attesta a quota 24,2 milioni di unità.
Ancora, si dia uno sguardo a quanto l’Imu abbia inciso sul prelievo patrimoniale: nel corso del 2010 il 28 per cento del gettito complessivo derivava dall’Ici, con una percentuale ribassata dal 2008, da quando – cioè – si introdusse l’esenzione sull’abitazione principale. Oggi invece l’introduzione dell’imposta municipale unica ha portato l’incidenza al 49 per cento, a fronte di una riduzione dell’incidenza dell’Irpef sul prelievo immobiliare, complice la progressiva flessione dell’imponibile (a causa dell’introduzione dell’Imu) e l’introduzione della cedolare secca (vedi anche Previsioni mutui 2013).
Infine, con riferimento alle imposte versate dai soggetti diversi dalle persone fisiche, il rapporto evidenzia come oltre all’imposta municipale unica (48 per cento), sarebbe piuttosto elevata l’incidenza dell’imposta sul valore aggiunto (36 per cento).