Mentre in Italia si attende di sapere cosa accadrà all’imposta municipale unica, e si auspica che l’impatto della Tares non sia così gravoso come invece sembra alle prime letture del decreto, nel resto d’Europa ci si accinge a variare le tasse sui beni immobili. Tra i principali protagonisti della nuova stagione fiscale immobiliare ci sono la Croazia e la Grecia, alle prese con una revisione più o meno significativa dell’approccio locale sul real estate.
Partiamo dalla Croazia. Zagabria si appresta a introdurre una nuova tassa sui beni immobili che sarà calcolata sulla base del loro reale valore, penalizzando così i proprietari di tre o più case, specialmente se sono locale con contratto non regolare e non dichiarato al fisco, o sono sfitte. Finora, invece, i proprietari di casa e di altri beni immobili erano obbligati a pagare un’imposta comunale calcolata unicamente sulla base della superficie della proprietà, senza tenere in considerazione il proprio valore o il numero delle case possedute dal consumatore. Un’imposta molto bassa, che tuttavia potrebbe ora subire un inasprimento molto forte, con rincari certi in doppia cifra.
Novità anche dalle parti di Atene. La Grecia ha infatti trovato un accordo sul prolungamento della tassa immobiliare straordinaria, da addebitarsi all’utenza dei servizi di energia elettrica. La tassa immobiliare straordinaria continuerà così ad essere pagata anche per tutto il 2013, presentandosi sotto altra denominazione: Efa. Il peso della nuova tassa sarà ridotto del 10-15% a seconda dell’area in cui sorge l’immobile, dell’anno di costruzione e della situazione economica del proprietario (in proposito del mercato locale, vedi anche questo nostro approfondimento sulla Grecia che vende gli immobili per fare cassa). Tuttavia, l’applicazione della tassa sarà più ampia, poiché allargata anche a ogni genere di immobile, anche quelli privi della fornitura di energia elettrica, i terreni agricoli e quelli fabbricabili, o ancora le case abbandonate. Una mossa giustificata dalla situazione di estrema urgenza in cui vive l’economia ellenica che – come avvenuto in altre parti d’Europa – cerca di far cassa sul mattone.