Secondo le ultime stime compiute dal CRESME/SI, in Italia vi sarebbero 11.740.083 edifici. Di questi, la maggior parte sarebbero rappresentati da fabbricati precedenti agli anni ’80, con uno stato complessivo che tuttavia si mantiene su livelli sufficienti. Vediamo allora in maggior dettaglio quali sono le principali elaborazioni realizzabili sulla base dei dati forniti dal CRESME/SI e, su tali elementi, quale sia lo stato di salute degli immobili italiani.
Partiamo anzitutto dall’anzianità media degli edifici italiani. Stando all’analisi, degli 11,7 milioni di edifici presenti sul nostro territorio, 2,1 milioni appartengono a un periodo antecedente il 1920, 1,3 milioni il periodo tra le due grandi guerre, 1,6 milioni gli anni della ricostruzione (fino al 1961) e quasi 4 milioni gli anni tra i ’60 e la fine dei ’70. Per quanto concerne i tempi più vicini a noi, dal 1982 al 1991 sarebbero stati realizzati 1.290.502 edifici, dal 1992 al 2001 772.927 edifici e dal 2001 in poi “solamente” 532.588 unità edificate (vedi anche il nostro recente approfondimento sul “prezzo giusto di una casa” del quale abbiamo parlato poco tempo fa, anche in relazione allo stato degli immobili).
Per quanto ovvio, lo stato di salute degli edifici italiani dipende fondamentalmente dalla loro anzianità. Per quanto concerne gli edifici sorti dopo il 2001, ben il 72 per cento si troverebbe in uno stato “ottimo”. Percentuale che scende al 47,6 per cento per gli edifici degli anni ’90, al 34,9 per cento per gli edifici degli anni ’80, al 31,2 per cento per gli edifici degli anni ’70, e tra il 10 e il 20 per cento per quelli antecedenti.
La maggior parte degli immobili italiani si troverebbe invece in uno stato “buono”: si tratta in questo caso di una percentuale che si mantiene costante intorno al 50 per cento, e che si riferisce trasversalmente a qualsiasi decennio. Un segnale dell’attenzione degli italiani nei confronti delle operazioni di ristrutturazione, che hanno potuto garantire una discreta tenuta del patrimonio nazionale del mattone.