Nel corso delle ultime settimane abbiamo parlato più volte dell’importanza del contratto preliminare e della sua registrazione, e trascrizione. Ricordiamo in proposito come il contratto preliminare sia una intesa che precede la compravendita vera e propria, e che si tratta altresì di un accordo in grado di disciplinare le condizioni principali che caratterizzeranno la vendita.
Ci soffermiamo oggi sulla possibilità di stipulare un contratto preliminare di compravendita senza termine di riferimento o, in altri termini, un compromesso di compravendita immobiliare che non ha una data di scadenza, domandandoci altresì se lo stesso possa essere impugnato dal venditore, o se sussistano comunque dei limiti di tempo entro il quale è necessario stipulare un contratto di vendita definitivo (vedi anche contratto preliminare immobili da costruire).
In linea di massima, sottolineiamo come il compromesso sia valido ed efficace in ogni caso, non costituendo – la scadenza – un elemento sempre necessario. Pertanto, la mancanza del termine all’interno del preliminare di vendita non costituisce ne una causa di nullità, nè di annullamento del contratto (e pertanto il venditore non può impugnarlo per tali scopi).
Stando a quanto affermato dall’art. 1183 del Codice Civile, nell’ipotesi in cui non sia stato fissato dalle parti un termine per l’adempimento dell’obbligazione, nè questo si possa desumere dagli usi o dalla natura del contratto, il termine è fissato dal giudice cui potrà rivolgersi una delle due parti impegnate nel contratto preliminare. In ogni caso, il diritto sancito dal preliminare si prescriverà in 10 anni.
Anche nell’ipotesi di preliminare senza termine, infine, ricordiamo come il contratto debba essere registrato presso un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate entro 20 giorni dalla sua stipula, e come per poter far ciò sia sufficiente recarsi presso gli sportelli dell’Agenzia delle Entrate con due copie del contratto preliminare. Si dovrà quindi procedere al pagamento, tramite modello F23, di una imposta di registro stabilita nella misura fissa di 168 euro, oltre allo 0,5 per cento della caparra, o il 3 per cento degli acconti.