La crisi immobiliare spagnola sta divenendo sempre più profonda, e i cittadini della penisola iberica non possono permettersi di comprare le centinaia di migliaia di case invendute nel Paese. A dichiararlo è un recente approfondimento del Sole 24 Ore, che riporta le considerazioni formulate dal governo di Mariano Rajoy, in seria difficoltà nel predisporre le nuove riforme realizzate appositamente per gli investitori stranieri.
Il mercato immobiliare spagnolo sta cambiando rapidamente: affitti flessibili, imposta sul valore aggiunto ridotta al 4 per cento per l’acquisto delle case nuove, riduzione del 50 per cento sulle eventuali plusvalenze generate, privilegi fiscali per le società di investimento immobiliare e tanto altro sta caratterizzando l’evoluzione del real estate della nazione.
D’altronde, la situazione che il governo Rajoy sta cercando di gestire è d’altronde tutt’altro che ordinaria: il volume di immobili invenduti presenti sul mercato è totalmente inassorbibile da parte della domanda interna. Ne consegue la spassionata ricerca da parte di investitori stranieri.
Attualmente, uno straniero non residente che acquisto un immobile, paga un’imposta sulla proprietà immobiliare (che in Spagna prende il nome di Ibi) sull’1,1 per cento del valore catastale (o 2 per cento se non è stato aggiornato dopo il 1994) senza differenza tra la prima o la seconda casa. Se invece l’immobile è affittato, si paga un’aliquota unica del 25 per cento sul reddito da locazione, al netto delle spese di manutenzione sostenute.
Inoltre, se l’inquilino è minore di 35 anni, in alcune macro aree, come in quella di Madrid, è stata stabilita l’esenzione completa. Per rassicurare i locatori, infine, è stata altresì modificata la legge sull’affitto, rendendo il settore più flessibile. Dopo dieci giorni di inadempienze, infatti, il locatore potrà far scattare lo sfratto esecutivo anche senza la decisione del giudice. I contratti saranno rinnovabili automaticamente fino a tre anni e non più fino a cinque.