Negli ultimi giorni abbiamo visto quanto stiano tornando rilevanti i rischi di una bolla immobiliare in Svizzera. Tuttavia, secondo alcune osservazioni esperte, il problema di una bolla di settore potrebbe coinvolgere anche la Germania e gli Stati Uniti. Una situazione che è parzialmente inaspettata per Berlino e dintorni, e che invece sembra essere frutto di una più attendibile evoluzione nel mercato nordamericano, che ancora non si è totalmente ripreso dalla grave crisi economica che ha colpito gli States, appena usciti dalla recente tornata elettorale.
Della vicenda si è lungamente occupato, nel corso di un interessante approfondimento, il magazine Investire Oggi, che sottolinea come in Germania si iniziano a intravedersi alcuni segnali preoccupanti. “Qui” – afferma il portale – “l’economia è cresciuta mediamente del 3% nel biennio 2010-’11, salvo rallentare fortemente quest’anno. Ma la disoccupazione è ai minimi dalla caduta del Muro di Berlino, al 6,9%, mentre il rifugio che gli investitori stanno intravedendo negli asset tedeschi, Bund in primis, ha comportato un deciso calo dei tassi sia sui bond pubblici, sia sui mutui immobiliari. Si è passati da una media del 5% per i mutui nel primo decennio del nuovo secolo al 3% di quest’ultimo biennio. E calcolando che solo il 43% dei tedeschi possiede una casa, si capisce come ciò stia spingendo le famiglie a comprare e le imprese a costruire nella speranza di fare affari su quella che a tutti gli effetti sembra essere una bolla immobiliare. I prezzi delle case sono cresciuti del 5% mediamente nell’ultimo anno, dopo venti anni di stagnazione. E in città-stato come Amburgo e Berlino si è arrivati a un +7%. Segno che il mercato immobiliare si sta surriscaldando” (qui un’opinione diversa: nessuna bolla immobiliare in Germania).
Se la situazione tedesca è parzialmente inaspettata, come abbiamo avuto modo di esaminare, lo stesso non si può certamente dire per gli States, che vivono una situazione che ricorda quella del 2005, sottolinea il portale, “quando i prezzi delle case esplodevano, così come gli acquisti, sostenuti da una politica monetaria relativamente accomodante, attuata dall’allora governatore Alan Greenspan. Ma se allora fu l’ottusità della Fed a consentire che il peggio accadesse, in Europa il problema è una banca centrale di fatto impotente. Se da un lato Draghi dovrebbe sostenere la ripresa delle economie in crisi del Sud Europa, dall’altro, tuttavia, avrebbe la necessità di rialzare i tassi, per evitare che l’economia del Nord Europa s’incagli in una pericolosa bolla, causata dall’eccessiva quantità di moneta in circolazione, che sta stimolando oltre misura acquisti e investimenti in determinati settori”.
Il pericolo è pertanto più evidente proprio negli Stati Uniti, dove la politica monetaria e quella fiscale sono certamente più “accomodanti”.