Allo stato attuale, dopo un paio di decenni di boom, il settore immobiliare in Italia sta ancora attraversando una fase di crisi che ha fatto emergere in maniera dirompente la questione abitativa. Secondo quanto emerge da un Rapporto della CGIL, nel nostro Paese la crisi dell’immobiliare è da spiegarsi con fattori esterni, legati alla crisi finanziaria ed economica, ma anche a fattori interni che hanno portato ad un forte ribasso delle compravendite a fronte di prezzi degli affitti stellari, e prezzi degli immobili messi in vendita che sono ancora troppo alti per poter incontrare la domanda. I prezzi, sia per l’affitto, sia per le compravendite, rimarca il più grande Sindacato italiano, sono per molti inaccessibili anche perché, nel frattempo, i redditi si sono mantenuti bassi. Come diretta conseguenza, rispetto al passato, a fronte di un progressivo impoverimento le famiglie si spostano sempre più spesso fuori dalle città dove i prezzi degli affitti, e quelli per acquistare gli immobili, tendono ad essere più congrui con il reddito.
Il settore dell’edilizia, di conseguenza, continua ad essere in palese difficoltà così come emerge dalle parecchie centinaia di migliaia di alloggi vuoti che ci sono nel nostro Paese. Ma le difficoltà delle famiglie nell’accesso alla casa non riguardano solamente quei nuclei meno abbienti, ma anche quelli che hanno un reddito troppo alto per poter accedere all’edilizia residenziale pubblica, e troppo basso per poter accedere alla casa, in affitto o in acquisto, sul mercato libero.
D’altronde a fronte di canoni di edilizia sociale, di norma sotto i 100 euro al mese, bisogna mettere in conto che sul mercato libero l’affitto mensile, specie nelle grandi città, supera spesso i mille euro con una conseguente pressione, insopportabile, sui redditi delle famiglie. “Se non si interviene su altri fattori“, sottolinea la Cgil nel Rapporto, “non ci sarà la possibilità di trovare nel mercato attuale una risposta“.