La certificazione energetica, propedeutica all’attribuzione dell’indice di classe energetica sulle proprietà immobiliari, proprio non riesce a incidere sul mercato italiano. Obbligatoria prima di effettuare un’operazione di compravendita e per la pubblicazione di annunci promozionali sull’immobile in riferimento, il grado di diffusione dei certificati all’interno del mercato italiano è sempre meno dinamico. Una delusione rispetto a quanto atteso dai promotori dell’iniziativa, che avrebbe dovuto focalizzare maggiore attenzione sul panorama eco-energetico e ambientale, segnalando il consumo energetico case.
A sette mesi dall’introduzione dell’obbligo di certificazione energetica per gli immobili da vendere, pertanto, la situazione appare essere estremamente pessimista (anche se qualche dato sembra contrastare tale sensazione: efficienza energetica immobili sempre più richiesta). A confermarlo è stato, pochi giorni fa, Roberto Loschi, presidente della Fiaip di Venezia, secondo cui l’eventuale introduzione di sanzioni per gli inadempimenti potrebbe generare un ulteriore colpo al settore immobiliare che – come stiamo evidenziando in questi mesi (oramai, anni) è davvero in ginocchio.
“Noi abbiamo dato mandato ai nostri associati” – dichiara Loschi – “di dare tutte le informazioni. Il fatto è che, se il cliente deve fare la certificazione dopo avere venduto, non c’è problema. Invece, se deve farla prima, storce il naso. Ecco perché nella nostra associazione, si è trovato un accordo con dei professionisti per limitarne il prezzo a 150 euro (mentre fuori si arriva a 300 euro), ma anche per anticipare al professionista solo le spese vive. Il venditore salda poi a vendita avvenuta; e se non lo fa, non gli si dà la certificazione. Questa scelta rimane una cortesia da parte nostra, perché la legge stabilisce che l’obbligo è in capo al venditore e non all’agenzia immobiliare, la quale è solo una intermediaria e, quindi, non ha responsabilità se il cittadino non fa la certificazione”.
Un modus operandi che si sta diffondendo anche in altre parti d’Italia, e che da più parti viene supportato dall’ipotesi di introdurre delle multe per chi non si allinea, come avviene in Lombardia. Non tutti, però, sembrano essere d’accordo. La norma attuata a Milano, secondo Loschi, non sarebbe buona, poiché “aggiunge esborsi percepiti come tasse, che deprimono ulteriormente il settore. Sarebbe meglio, piuttosto, pensare a uno sconto sulle imposte di trasferimento per le case in classe A, B o C. Oppure, invece di introdurre sgravi del 50% sulle ristrutturazioni e l’efficientamento energetico, lo Stato potrebbe destinare 10mila euro a fondo perduto a ogni famiglia, a patto che l’abitazione venga migliorata salendo di 2 classi energetiche. Il cittadino ne aggiunge altri 10mila: su questi 20mila euro la ditta che fa i lavori versa allo Stato circa 3500 euro di Iva e circa 6.000 euro di tasse. In questo modo lo Stato riguadagna subito quasi tutti i 10mila euro dati alle famiglie, andando a pari, il parco immobiliare migliora la sua efficienza energetica, l’economia reale riparte e si fanno un po’ di assunzioni” – conclude infine il rappresentante Fiaip, come evidenziato da gvonline.it.