Sebbene la crisi del mercato immobiliare e del settore delle costruzioni abbia lasciato il segno, profondamente, in Paesi come gli Stati Uniti ed il Regno Unito, anche in Italia il settore negli ultimi mesi ha risentito di difficoltà legate in prevalenza alla “stretta” sul credito.
Al riguardo, infatti, l’ANCE, Associazione Nazionale Costruttori Edili, ha rilevato come nei primi sei mesi di quest’anno il flusso di nuovi finanziamenti da destinare al settore abitativo abbia fatto registrare una contrazione del 17,7%, mentre per il comparto non residenziale la discesa, rispetto ai primi sei mesi del 2008, è stata del 16,4% su scala nazionale.
Quindi, per l’accesso al credito, sia per i mutui da parte delle famiglie, sia per i finanziamenti richiesti dalle imprese per le costruzioni, ci sono stati in sostanza gli stessi gradi di restrizione a livello bancario. Si è venuto in pratica a creare una sorta di doppio circolo vizioso visto che a fronte magari di un’impresa di costruzioni con una buona dote finanziaria, poi questa ha avuto difficoltà a trovare acquirenti in virtù del fatto che le PMI e le famiglie non hanno potuto accedere ai mutui per l’acquisto di immobili produttivi e di prime case ad uso residenziale.
Non a caso, l’ANCE, dopo aver effettuato un’indagine tra le proprie imprese associate, ha rilevato che un’ampia percentuale di queste, pari al 45% del campione interpellato, ha continuato a sperimentare restrizioni e difficoltà nell’ottenere denaro a prestito dalle banche nonostante la fase più acuta della crisi finanziaria ce la siamo lasciati alle spalle.
Contestualmente alle restrizioni sul credito, inoltre, in Italia gli istituti di credito, anche per far fronte all’incremento dell’indice di rischiosità, hanno progressivamente alzato gli spread con una tendenza diametralmente opposta rispetto al costo del denaro che, invece, è progressivamente sceso fino a toccare i minimi di sempre. Basti pensare, in accordo con quanto riporta l’ANCE, che nello scorso mese di settembre in Italia, rispetto all’Europa, i mutui erano in media più cari dello 0,61% che, se confrontato con l’1% di tasso di interesse attualmente imposto dalla Banca Centrale Europea, rappresenta uno scarto abissale.