Augusto Cirla, su Il Sole 24 Ore edizione online del 15 novembre 2012, si è lungamente occupato della possibilità – da parte di ogni condomino – di poter disporre liberamente della propria unità immobiliare purchè non ne faccia un uso non vietato dal regolamento del condominio e, più in generale, non crei particolari problemi agli altri condomini. In particolare, il regolamento può però vietare che gli appartamenti siti nell’edificio condominiale vengano destinati allo svolgimento di attività ritenute pregiudizievoli per il decoro, per la tranquillità o per la sicurezza di coloro che vi abitano.
“Simili limitazioni e divieti” – afferma il quotidiano – “possono però essere previsti solo nei regolamenti cosiddetti contrattuali, in quelli cioè predisposti dal costruttore dell’edificio o dall’originario unico proprietario e allegati o semplicemente richiamati nei singoli atti di compravendita. Possono formare oggetto anche di una delibera assembleare, purché assunta con il consenso unanime di tutti i condomini e poi trascritta nei registri immobiliari. I vincoli devono essere chiaramente manifestati nel regolamento e comunque desumibili in modo non equivoco, non essendo sufficiente la semplice indicazione di una determinata attuale destinazione delle unità immobiliari, trattandosi di una volontà diretta a restringere facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini. L’ipotesi più semplice è quella in cui nel regolamento sia riportata la specifica elencazione delle attività che si ritengono vietate. In tal caso, è sufficiente accertare che quella svolta dal condomino nel proprio appartamento sia prevista come vietata: l’amministratore è autorizzato a intervenire per farla cessare, senza chiedere il consenso dell’assemblea”.
I problemi sorgono, invece, quando il divieto fa riferimento a pregiudizi che si intendono evitare, richiamando i vaghi concetti di quiete, di tranquillità e di riposo, assolutamente meritevoli di tutela in un immobile destinato a civile abitazione. “È necessario allora procedere a un esame specifico della singola situazione al fine di valutare se l’attività svolta leda il pari diritto degli altri condomini di godere in modo pacifico del proprio bene. L’importante è che queste clausole, in quanto destinate a imporre delle limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sui beni di loro esclusiva proprietà, siano scritte in modo chiaro ed esplicito e facciano uso di espressioni che non diano luogo a possibili incertezze” – afferma il quotidiano.