Il mercato immobiliare italiano sarà anche in crisi ma, nel medio lungo termine, l’investimento nel mattone si rivela come una scelta particolarmente azzeccata e conveniente. A sostenerlo è un recente studio condotto dall’osservatorio del Gruppo Tecnocasa, secondo cui dal 1998 al 2012 (e, pertanto, comprendendo anche gli anni di piena criticità del real estate tricolore) gli immobili si sarebbero rivalutati del 67,8 per cento.
“Limitando l’esame alle grandi città” – ricordava il quotidiano La Stampa snocciolando i dati forniti dal Gruppo immobiliare italiano – “si vede che la città che si è rivalutata maggiormente è stata Napoli, con il 110,3% ed è proprio il capoluogo partenopeo quello che, nel corso del tempo, ha avuto rivalutazioni record: +202% dal 1998 al secondo semestre del 2006. A seguire, nella classifica delle metropoli che si sono rivalutate maggiormente a partire dal 1998, ci sono Roma, con il 99,5%, e Milano con l’80,9%. Le due metropoli hanno avuto il picco massimo di rivalutazione nel primo semestre del 2007, raggiungendo rispettivamente +152,2% e +116,6%”.
Se dalle grandi città ci si sposta nei capoluoghi di provincia, ci si accorge invece come la rivalutazione delle abitazioni sia stata pari al 32,2 per cento, mentre sia cresciuta al 43,1 per cento nell’hinterland delle grandi città, che hanno in parte ereditato la domanda che fu delle metropoli di principali riferimento (qui uno dei nostri ultimi aggiornamenti trimestrali Istat).
Per quanto concerne tuttavia il pericolo di maggiore crisi, il quotidiano torinese ricordava come “dal secondo semestre del 2007 a oggi la perdita di valore nelle diverse realtà territoriali è stata abbastanza vicina: -25% per le grandi città, -26,3% per i capoluoghi di provincia e -25,9% per l’hinterland. Dal 1998 l’analisi delle rivalutazioni di tutti i capoluoghi di provincia per realtà geografiche vede una maggior incremento di valore nei capoluoghi del Sud (+54,1%), del Centro (+35,5%) e del Nord (+21,6%). I picchi di rivalutazione sono stati rispettivamente del 113,1% al Sud Italia, dell’83,5% al Centro e del 63% al Nord Italia” .
Su ripartizione territoriale, si scopre inoltre che la diminuzione di valore dall’inizio della crisi ad oggi sarebbe stata più forte per il Mezzogiorno (- 27,5 per cento) rispetto al Centro (- 26,1 per cento) o al Nord (- 25,4 per cento).