Se Micio rischia di mandare in frantumi quel poco che c’è di armonia con i vostri coinquilini, se il vostro vicino di casa minaccia di trascinarvi in tribunale per la sua ostinata antipatia per il vostro amato Fido, potete tirare un sospiro di sollievo: è probabile che davanti al magistrato non abbiate poi granché da temere. La Corte di Cassazione, infatti, ha stabilito in una recente sentenza che non può essere il regolamento condominiale, approvato dalla maggioranza dei partecipanti, a vietare ai condomini di ospitare in casa un animale domestico. Affinché il divieto sia valido, ha precisato la Cassazione, bisogna che sia approvato dalla totalità dei condomini perché investe il diritto di proprietà.
I supremi giudici hanno scritto, tra l’altro, nella decisione:
Occorre considerare che le clausole del regolamento condominiale che impongono limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà incidono sui diritti dei condomini, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca.
Aggiungendo:
Ne consegue che tali disposizioni hanno natura contrattuale, in quanto vanno approvate e possono essere modificate con il consenso unanime dei comproprietari, dovendo necessariamente rinvenirsi nella volontà dei singoli la fonte giustificatrice di atti dispositivi incidenti nella loro sfera giuridica: certamente, tali disposizioni esorbitano dalle attribuzioni dell’assemblea, alla quale è conferito il potere regolamentare di gestione della cosa comune, provvedendo a disciplinarne l’uso e il godimento.
I giudici hanno, così, precisato che
il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva.