Si chiama “social housing” e, a ben vedere, non è nient’altro che l’investimento nella costruzione di case popolari. Alloggi economici, rivolti a quelle persone che non hanno diritto alla “vera” casa popolare, ma non riescono nemmeno a cercare e comprare una casa agli attuali prezzi di mercato. Una fetta di popolazione estremamente ampia e varia, che potrebbe essere soddisfatta attraverso interventi mirati e diffusi capillarmente sul territorio. Ma quale è l’attuale situazione del social housing italiano? E quali sono le conseguenze per il futuro a breve termine?
A parlare di quanto sta accadendo nel social housing tricolore è stato, negli scorsi giorni, Andrea Cuomo, sulle pagine de Il Giornale. Cuomo ha ricordato come però “non sono i progetti a mancare, semmai risorse e incentivi (soprattutto fiscali) che rendano appetibile l’investimento finanziario ai soggetti privati. Un punto della situazione è stato fatto nei giorni scorsi a Torino, al Circolo dei Lettori di via Bogino, nel corso della due giorni di «Urban Promo 2012», organizzato da Inu (l’Istituto nazionale di urbanistica) e Urbit attraverso un comitato di cui fanno parte Ance, Acri, Ccp Investimenti Sgr, Compagnia di San Paolo, Federcasa, Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, Fondazione Housing Sociale, Legacoop abitanti, Regione Piemonte. In particolare il convegno di apertura è stato un utile «outlook» sul disagio abitativo in Italia, con il contributo di molti attori del sistema. È toccato a Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, fotografare numericamente il «social housing» in Italia”.
Breglia ha ricordato che mentre nell’Unione Europea il social housing copre il 15 per cento dello stock immobiliare, pari a 34 milioni di unità residenziali, in Italia ricorre all’affitto sociale solo il 6 per cento della popolazione. “Nel nostro Paese infatti la percentuale di persone che vivono in case di proprietà (il 70 per cento) è molto più alta che nel resto dell’Ue (64 per cento), mentre significativo è il divario tra quanti in Italia sono costretti a ricorrere all’affitto privato (il 23 per cento) rispetto alla media europea (20). Se poi il confronto è fatto con Paesi paragonabili per dimensioni e popolazione, l’Italia esce ancora peggio: il Francia il «social housing» copre il 17 per cento del mercato immobiliare, in Gran Bretagna il 21 e in Germania addirittura il 30. Solo la Spagna è più indietro di noi, con solo l’1 per cento di immobili a regime sociale” – afferma ancora Cuomo.
Margini di intervento pertanto molto ampi, che potrebbero essere sfruttati nel breve termine, visto e considerato che la capacità di acquisto e di investimento degli italiani è prevista ancora in calo.