Negli Stati Uniti cresce l'offerta immobiliare. Affinchè trovi una domanda adeguata, è però necessario che tassi e disoccupazione rimangano su livelli bassi.
Nel mese di aprile le compravendite di case non nuove sono cresciute di una proporzione inaspettata nel mercato immobiliare statunitense: stando a quanto rivela la National Association of Realtors, infatti, l’incremento è stato di 7,6 punti percentuali, per un volume annualizzato di 5,77 milioni di unità. Un dato sicuramente molto positivo, che tuttavia contiene aspetti sui quali vale la pena di soffermarsi.
Ricordiamo infatti come il 30 aprile 2010 fosse l’ultimo giorno utile per presentare la domanda finalizzata all’ottenimento del beneficio fiscale di 8 mila dollari che l’amministrazione governativa statunitense aveva riservato per i potenziali acquirenti di una prima casa. È pertanto probabile che verso l’avvicinarsi di quella data siano stati anticipati discreti volumi di transazioni di compravendita di immobili abitativi.
Un altro dato sembra inoltre candidarsi per poter influenzare in maniera significativa i prezzi delle case nel corso delle prossime settimane. Rileviamo infatti come il numero di case presenti sul mercato sia cresciuto ulteriormente, spinto da un’offerta particolarmente rinvigorita negli ultimi giorni. Questo, insieme all’incrementante volume di pignoramenti immobiliari, potrebbe influenzare al ribasso i valori delle proprietà abitative.
Gli analisti sembrano tuttavia abbastanza ottimisti circa il futuro andamento del mercato immobiliare per quanto riguarda il volume di transazioni concluse. È tuttavia necessario che, per avverare le aspettative più positive, due determinanti siano verificate agevolmente nei prossimi mesi.
Il primo elemento fa riferimento al livello dei tassi di interesse di riferimento applicati ai finanziamenti immobiliari erogati dagli istituti di credito americani. Attualmente tale livello è mediamente al di sotto del 5% per le scadenze maggiori, ma il trend potrebbe non durare fino all’estate. Il secondo elemento è invece riferibile al tasso di disoccupazione, ancora troppo vicino al 10% per poter garantire un buon supporto all’operatività del settore.