Negli Stati Uniti Bloomberg scommette su un pronto rilancio della domanda del settore immobiliare, occupazione permettendo.
Le società di costruzione immobiliare durante il mese di aprile 2010 dovrebbero aver dato il via al maggior volume di nuove realizzazioni abitative mai riscontrato dal 2008 ad oggi. Secondo la media delle rilevazioni di 76 economisti contattati da Bloomberg, infatti, l’avvio di nuovi lavori sarebbe ammontato ad un’entità annualizzata pari a 650 mila unità, in incremento di 3,8 punti percentuali rispetto al periodo di riferimento precedente.
L’incremento dell’attività cantieristica sembra principale figlia della rinnovata domanda del settore immobiliare, incentivata dalla previsione governativa di un incentivo di 8 mila dollari per gli acquirenti di una prima casa. Incentivo che, ricordiamo, è scaduto il 30 aprile 2010, e prevedeva che a tale data venisse firmato un preliminare di compravendita da formalizzarsi poi anche nei mesi successivi.
Con l’accresciuta domanda di acquisto di appartamenti (nuovi e usati), il numero di nuove unità abitative presenti sul mercato è sceso ai minimi livelli dal 1971, incoraggiando così le imprese di settore a dare il via a nuovi progetti di realizzazione immobiliare. Intanto, a marzo i prezzi alla produzione sono cresciuti dello 0,7%: un dato che, se affiancato a una prossima evoluzione del mercato del lavoro, potrebbe garantire qualche opinione positiva in più sul futuro a breve termine del real estate locale.
Gli osservatori sono infatti concordi nel ritenere che una vera e propria ripresa delle attività nel settore immobiliare sia compatibile unicamente con un prossimo sviluppo dello scenario occupazionale degli Stati Uniti. Gli occupati sono infatti cresciuti per il quarto mese consecutivo durante il mese di aprile 2010, con il più grande incremento degli ultimi quattro anni.
Nonostante ciò, gli analisti sono molto prudenti nel giudicare in miglioramento la situazione del mercato del lavoro nel Paese nordamericano. Le stime più attendibili sembrano infatti far oscillare il tasso di disoccupazione alla fine dell’anno tra i 9 e i 10 punti percentuali, scongiurando comunque la “temuta” doppia cifra.