Come noto, il 18 giugno i contribuenti italiani saranno posti dinanzi alla necessità di onorare la propria posizione nei confronti dell’Erario, procedendo al versamento dell’acconto dell’imposta municipale unica, pari a un terzo o a un mezzo nell’ipotesi di IMU per la prima casa, e pari al 50% per gli altri immobili (tranne che per gli immobili rurali strumentali, per i quali l’acconto sarà del 30% su un’IMU calcolata con aliquota ridotta allo 0,2%.
Le vere incertezze, per i contribuenti italiani, sorgeranno tuttavia con le scadenze successive. Entro il 30 giugno, infatti, i Comuni dovranno approvare il bilancio preventivo utilizzando il gettito IMU convenzionale, ovvero l’importo stimato dal ministero dell’Economia e delle Finanze. Fin da oggi, tuttavia, i Comuni possono approvare le delibere con aliquote IMU modificate e relativo regolamento, eventualmente ritoccabile in un secondo momento.
In altri termini, i Comuni potranno modificare in aumento o in diminuzione le aliquota IMU per la prima casa (0,40%, con un margine di 0,20% in crescita o decrescita) e per la seconda casa (0,76%, con un margine di 0,30% in crescita o decrescita).
Ma non solo. Entro il 30 settembre le aliquota comunali dovranno infatti essere definite in maniera univa. Ogni Comune stabilirà quindi il livello di prelievo sulla prima casa (come abbiamo visto, dallo 0,2% allo 0,6%), e sugli altri immobili (da 0,46% a 1,06%). Possibile inoltre stabilire aliquote differenziate, con sconti fino allo 0,4% su immobili locati e delle imprese, o un incremento delle detrazioni per le abitazioni principali.
Infine, ricordiamo come entro sette giorni dalla scadenza per il versamento del saldo (quindi, entro il 10 dicembre), il governo può intervenire con un decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, per modificare le aliquote base dell’imposta municipale unica, i margini di manovra dei Comuni e l’ammontare delle detrazioni per la prima casa. Considerata la scadenza comunale del 30 settembre, difficile che il decreto possa arrivare in autunno.